Passeggiando a Verucchio con Paolo, Francesca e Sigismondo
C’era una volta una nobile fanciulla chiamata Francesca…
Comincia così la nostra passeggiata attraverso le strade di un piccolo Borgo nell’entroterra riminese, prima tappa del bellissimo blog tour organizzato dal Consorzio Alberghi Tipici, alla scoperta di una Rimini Oltre la Riviera.
Siamo a Verucchio, a pochi chilometri da Rimini. Man mano che ci avviciniamo in autobus, il suo profilo si svela a noi gradualmente… Dolci pendii, antichi edifici, tetti perfettamente tenuti. Approdiamo nella piazza centrale, Piazza Malatesta, su cui si affacciano splendidi palazzi e caffè caratteristici. E qui inizia il nostro viaggio nella storia. Di Paolo e Francesca prima. E dei Malatesta, poi.
I bimbi ascoltano affascinati Maurizio, la nostra guida, che comincia a raccontare …
Siamo nel 1275 e Francesca da Polenta, figlia di Guido Minore, Signore di Ravenna e Cervia, vive tranquilla e serena la sua fanciullezza, sperando che il papà le trovi uno sposo gradevole e gentile. Ma Guido decide di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta (detto Giangiotto lo Sciancato), poiché lo aveva aiutato a cacciare i suoi nemici Traversari.
Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca, i potenti signori di Rimini e Ravenna tramano un inganno. Al posto di Giovanni lo Zoppo, mandano a Ravenna suo fratello, Paolo il Bello. Quando Francesca lo vede, se ne innamora perdutamente… e accetta con gioia il matrimonio.
Il giorno delle nozze pronuncia felice il suo “sì”, senza sapere che Paolo la stava sposando per procura, cioè a nome e per conto del fratello Giangiotto. “…non s’avvide prima dell’inganno, che essa vide la mattina seguente al dì delle nozze levare da lato a sè Giangiotto…”. Seppur disperata, si rassegna al suo destino. La sua vita con Giangiotto procede tranquilla ed hanno anche una bimba, che chiamano Concordia. Intanto, però, Paolo comincia ad farle spesso visita. Segretamente. Fino a quando Giangiotto non li scopre, proprio mentre si stanno scambiando un bacio. Accecato dalla gelosia, li uccide entrambi con la spada.
Da allora, Paolo e Francesca vagano tenendosi per mano, così immortalati da Dante nella Divina Commedia, al V canto dell’Inferno.
Dopo aver ascoltato la storia affascinante di Paolo e Francesca, ci addentriamo tra le stradine di Verucchio, su su fino alla Rocca, che lo sovrasta e lo delinea. Qui, il tempo sembra essersi fermato. Si respira un’aria tranquilla, sospesa tra passato e futuro. Qualche anziano signore che lavora alla finestra, gruppi di giovani che festeggiano un imminente matrimonio, insegne arrugginite dalle intemperie che sembrano ricordare a tutti che Verucchio è davvero un Borgo d’altri tempi.
La città vanta, infatti, un’antichissima storia legata a doppio filo alla Signoria dei Malatesta. Ma molto prima del Medioevo, circa 3000 anni fa – durante l’età del Ferro – questa cittadina fu scelta da un gruppo di uomini che videro in Verucchio un luogo ideale per fondare il loro insediamento. La civiltà di cui stiamo parlando è quella Villanoviana, cultura antica e nello stesso tempo avvolta dal mistero, della quale Verucchio custodisce tuttora reperti straordinari nel suo Museo Civico, ricavato dall’antico convento di S. Agostino.
Successivamente, nel Medioevo, la Rocca diventa centro di vitale importanza sia per la sua funzione militare sia per quella civile. La sua visita ci restituisce il fascino della vita quotidiana all’epoca delle signorie.
Superato il cancello, si accede alla corte esterna sulla quale si affacciano a destra la torre dell’orologio e a sinistra il castello, mentre di fronte si apre un ampio panorama che spazia dall’Adriatico alle più alte vette del crinale appenninico.
Il cortile è disseminato di oggetti antichi: cannoni, macine in pietra, lavatrici nobili e antiche… E i bimbi non si lasciano scappare l’occasione: corrono, si arrampicano, saltano, si nascondono. Anche il piccolo Marco di Trippando, sembra voler partecipare. E, mentre le mamme blogger scattano foto come delle forsennate, i pazienti papà trovano anche la forza di mettersi in posa…
Entriamo, finalmente, all’interno della Rocca e subito le piccole pesti restano affascinati dalla notevole collezione di armi medievali ospitata in una delle prime sale della Rocca..
E ancora, porticine misteriose, anguste scalette, segrete ricavate da un’antica cisterna, finestre nascoste, ingredienti e ricette di un tempo…
Ci soffermiamo nella Sala Grande, dove sono esposte numerose armature e l’albero genealogico della Casata dei Montefeltro. E qui, inizia la nostra seconda storia, il cui protagonista è Sigismondo Pandolfo, detto Lupo di Rimini, e che abbiamo raccontato ai bambini cosi:
“C’era una volta… un cavaliere forte e coraggioso, chiamato Sigismondo Malatesta. Sigismondo era molto potente e vinse tantissime battaglie. Quando non combatteva, amava passare il tempo insieme a poeti, pittori e belle donne. Si sposò infatti tre volte, con Ginevra d’Este, Polissena Sforza che, si dice, fu uccisa proprio dal marito, e Isotta degli Atti. Isotta però fu il suo unico, vero amore…
Un giorno, nel lontano 1462, il suo castello, fortissimo ed imprendibile, fu attaccato da soldati nemici, guidati da un altro cavaliere – Federico II da Montefeltro. Federico sapeva di non poter vincere e allora ricorse ad un inganno. Inviò al castello una lettera, con la falsa firma di Sigismondo, con la quale annuncia l’invio di venti fanti amici.
In realtà, Federico inviò i suoi soldati, fingendo addirittura di attaccarli sotto le mura del Castello. I Castellani, allora, convinti che quegli uomini fossero proprio i fanti amici annunciati nella lettera, li accolsero all’interno della Rocca. Appena entrati, i soldati rivelarono la loro vera identità e sconfissero così l’esercito malatestiano. Da quel momento, finì il dominio di Sigismondo...”
… E finisce anche la nostra visita alla Rocca, con un tempismo perfetto: è ora di pranzo! Ci dirigiamo, affamati, verso il Ristorante la Rocca, proprio di fianco al Castello, gestito magistralmente da Michele. Qui, si respira aria di casa: prodotti del territorio, ricette antiche e panorami mozzafiato. Nel ristorante si può ancora ammirare l’antica affettatrice rossa BIZERBA con cui il nonno di Michele iniziò l’attività di ristoratore, servendo piada con prosciutto sul piccolo piazzale adiacente la casa. Se andate a Verucchio, non perdetevelo! Merita davvero.
Priorità e Passioni (@PriorityPassion)
11/05/2012 at 10:59
Ci siamo stati a novembre ed ho un bel ricordo, una pausa tranquilla e semplice
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