Social Children
Un interessantissimo articolo scritto da Giorgio Fontana, social media manager di Torino. Eccolo:
MyPage.it è la piattaforma per bambini che offre aggregazioni sociali e uso di risorse on line. Sull’argomento del controllo degli adolescenti in rete si possono leggere molti pareri. Sicuramente la presenza promiscua di adulti e minori in un luogo buio è materia critica e non poche volte è argomento negativo utilizzato dai detrattori dell’online per definire la rete un luogo dove l’innocenza è vittima sacrificale.
Non c’è dubbio che la rete è il luogo dove gli adolescenti coltivano esperienze e spinte opposte. Da un lato la consapevolezza di maneggiare uno strumento che è nativo della propria generazione e che lo sarà ancora di più per i loro fratelli minori. Questo significa che sono loro stessi a manipolare il mezzo creando funzionalità sui quali neppure i loro creatori avevano avuto coscienza. Ciò porta a creare segni e linguaggi che gli ‘altri’ non comprendono e guardano con consequente sospetto. Il concetto di tribe è la volgarizzazione di una dinamica necessaria e naturale nell’adolescenza e il paradosso è che, nell’epoca dei social network invasivi, i gruppi impenetrabili dall’esterno si stanno moltiplicando e il futuro del social networking sarà la granularità di gruppi sociali sempre più spinta. In questo senso Facebook potrebbe non poter funzionare più come modello troppo ‘invasivo e solare’ .
Dall’altro la rete è la foresta dove il mondo degli adulti ha innalzato i suoi totem e interrrato i suoi golem. Una foresta penetrabile pagando il ticket della normalizzazione e dello snaturamento, in poche parole il nuovo luogo tribale dove avviene l’iniziazzione e la perdita dell’innocenza. Entrambi ‘Valori’ adulti che hanno lo scopo di rendere la vita vivibile rendendo palese il principio di realtà. Quando ho sentito, anni fa, un ministro affermare che i problemi della didattica si risolvono con la connettività veloce e non con la formazione degli insegnanti e la loro valorizzazione ho avuto un moto di repulsione verso il contesto dove da 2o anni svolgo la mia attività professionale. In quel momento ho sentito che c’era qualcosa di perverso, e aveva il nome di feticismo tecnologico. Il feticismo attira le normali pulsioni giovanili; la rete è un luogo dove la mancanza di esperienza diretta esalta la potenza dell’impossibile e crea quindi dei nuovi Miti; qui lo affermo e qui lo nego, ovviamente.
Articolo originale: http://www.socialmediaitalia.com/?p=463
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