A cuore aperto
Si chiama suggestione. O forse lentezza. O forse cuore aperto. Quel qualcosa che ti spinge a partire ancora. Ed ancora.
Lo ammetto. Oggi dovevo scrivere di tutt’altro. Poi mi sono imbattuta in un bellissimo articolo di Cabiria “Patagonia Express, il prurito alla punta dei piedi” e la penna, o meglio, la tastiera, ha iniziato a correre veloce. Senza che io potessi fermarla. Un pezzo che ho letto tutto d’un fiato e che mi ha costretta a riflettere. A fare – finalmente – il punto della situazione. Su di me, su questo blog, su questo mio viscerale bisogno di viaggiare. A chiedermi “perché”. E a rispondere “perché anche io ho quel prurito alla punta dei piedi; quello che ti spinge ad andare. Oltre. Sempre”.
Si, viaggiare è andare a caccia di storie – come dice Cabiria. Tutti i luoghi sono capaci di regalare storie straordinarie. E se non proviamo ad ascoltare, perdiamo la grande, meravigliosa possibilità di trovare la nostra, di storia. Quella che, forse, dà un senso alla vita intera. Non è forse fatta di tante piccole storie, la nostra vita? Tanti piccoli attimi che si incasellano e si susseguono. Talvolta, apparentemente, senza un vero perché. Poi, improvvisamente, tutto torna. Tutto diventa chiaro. E quegli attimi che sembravano non avere senso, diventano cristallini e, non solo hanno senso, ma danno senso a tutto il resto.
Ecco. Viaggiare, per me, è più o meno così. E più viaggio, più mi allontano dal semplice vedere. Dalla corsa forsennata a riempire un itinerario, a mettere una spunta a quante più destinazioni possibili, come fossero pedine da conquistare in una partita a dama. Certo, ognuno viaggia a modo proprio. Ma per entrare in un luogo, per entrarci davvero, ci vuole un’infinita dose di amore.
La voglia incondizionata di aprirsi verso gli altri. E di donarsi allo stesso modo, di accogliere dentro di sé diversità, contraddizioni, dettagli. Rincorrere frammenti di vita vera, quelli che – a prima vista – magari ci disturbano, perchè sottolineano differenze e contrasti. Poi, torni a casa. A distanza di giorni, metabolizzi. Raccogli i pensieri. E ti rendi conto che sono proprio quei piccoli dettagli, quelle storie semplici e straordinarie che hai raccolto passo dopo passo, a farti tornare arricchito. Già. Perché dopo ogni viaggio, non sei mai uguale a quando sei partito.
Sulle pagine di una guida, o di una rivista o anche tra le righe di un blog, un luogo viene compresso. A volte ridotto a mera questione di “consigli per gli acquisti”. Dove mangiare, dove dormire, cosa fare, cosa vedere. E non c’è nulla di male, per carità. Ma l’arricchimento è oltre. L’arricchimento va oltre. Oltre le “semplici” questioni architettoniche ed artistiche, oltre le camere d’albergo con free wifi, oltre i ristoranti con angolo fasciatoio. Va oltre e regala retroscena avvincenti, quasi commoventi.
Un appassionato papà che ti racconta che quella statua, sul lungomare di Chioggia, è dedicata a suo nonno, morto in mare per salvare suo figlio. Una vecchina sull’uscio di casa che ti svela come arrostire alla perfezione i carciofi appena raccolti. Un bimbo che ti dona, improvvisamente, come un raggio di sole dopo una tempesta, il suo sorriso disarmante.
E allora quel luogo diventa improvvisamente sinonimo di quelle storie. Di quei sorrisi. Di quegli sguardi. E il lungomare, le statue, i palazzi, i musei acquistano magicamente un significato diverso. Incarnano una “straordinarietà” più profonda.
“Leggo Hesse, leggo Hemingway, leggo Terzani, e questi qui non te lo dicono di certo dove andare a mangiare, fanno di meglio: ti insegnano come chiederlo alla gente” (sempre Cabiria).
Ecco. È tutto qui. Liberarsi da pregiudizi e costrizioni. Le percezioni, a volte, sono così radicate che spesso, chi fugge dalla città tende a replicare le stesse censure e gli stessi schemi mentali anche in campagna. E viceversa. Perdendo, così, la magia delle infinite ed inimmaginabili combinazioni che un luogo mai visto prima può regalare.
Andare oltre. Cercare l’oltre. Quello che trovi solo in mezzo alla gente. E’ un po’ come ristrutturare una casa antica. Il buon restauro non può prescindere da una lettura attenta di ciò che già c’era e di ciò che c’è. Bisogna capire le regioni di ogni anfratto, di ogni percorso, di ogni dettaglio. Così è un luogo, una destinazione. Per viverlo davvero, non c’è molto spazio per superficialità ed ammiccamenti. Bisogna entrare in contatto con la cultura che l’ha prodotto. E quindi con le persone che hanno creato quella cultura. Interiorizzare i percorsi, gli aneddoti, le sfumature, le stratificazioni, gli angoli più segreti. Impossessarsene in profondità.
Chi ci riesce, difficilmente tornerà a casa dicendo “quel posto non mi è piaciuto”.
Non ha importanza se si ha un mese o pochi giorni a disposizione. Quello che conta è andare oltre. A cuore aperto.
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Con questo post, partecipo ad Instagram Travel Thursday, il link party settimanale dedicato ad Instagram e ai viaggi.
Vi va di unirvi alla community? Avete tempo fino a Mercoledì prossimo per scrivere e pubblicare un post che abbia come tema i viaggi ed Instagram; a questo link troverete maggiori dettagli sull’iniziativa. Non dimenticate di inserire il vostro post nel link party qui sotto e di andare a curiosare tra i racconti degli altri partecipanti.
Instagram Travel Thursday, infatti, vuole creare connessioni. E le migliori connessioni si creano con generosità ed amore: condividete, commentate, date credito agli altri per il loro lavoro! Se volete varcare i confini del Bel Paese, date un’occhiata anche ai blog che coordinano Instagram Travel Thursday in inglese, tedesco e finlandese. Per quanto riguarda l’Italia, vi ricordo che, oltre a me, queste sono le host del progetto:
Alessandra I Viaggi dei Rospi
Francesca Che Ti Porto
Monica Idee di tutto un po’
Se non avete un blog, potete divertirvi comunque, taggando le vostre foto su Instagram e Twitter con l’hashtag #igtravelthursday
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Cabiria
22/05/2014 at 12:09
“Ma per entrare in un luogo, per entrarci davvero, ci vuole un’infinita dose di amore.”
Ho letto questo post con la pelle d’oca addosso…e questa frase, poi, è meravigliosa!
Forse racchiude un po’ il senso del viaggio, che ci arricchisce, che ci obbliga a trovare dentro noi stessi quell’infinita dose di amore che altrimenti magari avremmo ignorato.
Grazie per avermi citata, ma soprattutto grazie per questo post!
Valentina Cappio
22/05/2014 at 13:37
Grazie mille Cabiria. Hai visto che effetto ha fatto il TUO post? Spero davvero di conoscerti presto di persona! Un abbraccio!!
Monica
22/05/2014 at 23:33
Oooooohhhhhh!!! Quando i bambini fanno oh! Che meraviglia che meraviglia! Come mai tutte queste belle parole a me non vengono!
Anche adesso… non so che dire.
Brava Vale!
Lali
23/05/2014 at 00:24
Ora… con la pelle d’oca.. corro a leggere Cabiria… Amica… di cose belle ne hai scritte tantissime, ma questo li batte tutti… post di pancia, i miei preferiti!!
Francesca Di Pietro
23/05/2014 at 10:14
Come sei romantica.. in effetti si ognuno ha le proprie domande e spesso le risposte sono date da contaminazioni con altri viaggiatori
Valentina Cappio
23/05/2014 at 17:42
eh lo so! a volte la tastiera viene comandata dal cuore!! 🙂
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