Ognuno ha il suo Everest: una notte sul tetto del mondo
La scoperta della fatica. L'emozione di vedere l'alba dalla cima di una montagna. L'esperienza di dormire in rifugio. E la consapevolezza di essere viandanti un po' folli, ma rispettosi del mondo. Ecco il racconto della nostra piccola scalata al Rifugio Velo della Madonna. Un'avventura di cui avevamo timore inizialmente e che abbiamo affrontato con l'entusiasmo tipico di chi ha poca esperienza. Perché per poter spingere sull'acceleratore non è necessario essere piloti. La differenza sta nella consapevolezza del percorso.
“Entrerò in un sogno che non fa dormire…
Mentre le montagne si oscurano alla vista,
si distinguono meglio i contorni frastagliati della vetta
e le gole scavate dall’erosione. Intanto i punti luce si moltiplicano…
solo in questo momento riesco a sollevare lo sguardo e mi accorgo della notte fiorita di stelle,
che si affaccia, immacolata, al mio stupore
e lo accarezza.”
da Un viaggio lungo una fiaba
Ognuno ha il suo Everest.
Il nostro si chiama Velo della Madonna.
Ci sembrava un’impresa impossibile da portare a termine.
Eppure.
Solo immaginarla aveva tutto il fascino dell’avventura memorabile. Una di quelle esperienze che ti restano impresse nella mente per sempre. Una di quelle cose che non ti stancheresti mai di raccontare. Che non ti stancheresti mai di ricordare.
Non siamo esperti escursionisti. Abbiamo imparato ad apprezzare la montagna “da grandi”. E abbiamo iniziato a viverla proprio insieme a loro, ai nostri piccoli viaggiatori. Imbarcarci dunque in un’escursione di quasi 7 chilometri e 1.000 metri di dislivello, con tratti esposti ed attrezzati, ci sembrava decisamente azzardato.
Eppure.
Eppure c’era una vocina che non smetteva di ripetere: ce la potete fare! E sarà sensazionale!
Così, complice l’incontro con meravigliosi amici di penna (anzi, di blog) più esperti di noi, ci siamo decisi. E, in una splendida giornata di metà Agosto, siamo partiti per il nostro Everest. Il rifugio Velo della Madonna.
E si. È stata un’avventura memorabile.
Altezze vertiginose, paesaggi lunari e la netta sensazione di essere lì dove si realizza l’unione tra cielo e terra.
Qui, tra queste rocce, abbiamo scoperto che le montagne custodiscono storie. Storie segrete da ascoltare e trattenere. Le immagini, i paesaggi mutano continuamente. Si allargano, ti abbracciano. E la pesantezza della roccia sembra più leggera a vederla così, a due passi dalle nuvole.
Si sale, si sale. Il sentiero assorbe i nostri passi, costruisce per noi ricordi, si apre e ci accoglie.
È come se ci prendesse per mano, liberandoci poi solo una volta arrivati in cima.
E, dopo tanta roccia, all’improvviso l’infinito: la vetta diventa culmine di un’esperienza di vita.
La fatica ti eleva, rarefacendosi come l’aria in alta quota. Qui, il silenzio diventa presto assordante. Ed è allora che comprendi a pieno.
Capisci che i sentieri più importanti non si percorrono a piedi ma con il cuore. Se noi e i nostri figli non impariamo a recuperare i sentieri del cuore, quelli della montagna presto spariranno. E con loro le stesse montagne. E le foreste, gli alberi, gli animali, le albe e i tramonti.
A pensarci bene, la vita stessa è un sentiero. Tutto quello che facciamo ha un punto di partenza, un percorso da fare nel mezzo, ed un punto di arrivo. La vera sfida è scegliere i sentieri più veri. Ed imparare a percorrerli con umiltà, rispetto e pazienza. Ma soprattutto con un continuo senso di meraviglia.
E così, esattamente come accade nella vita, anche lungo il sentiero 713 impariamo a meravigliarci dei dettagli. Delle sfumature. Di ciò che arriva all’improvviso. Senza preavviso.
Il rumore dell’acqua che scorre. O un fiore che vive e sopravvive armonioso tra impervie rocce.
Ci ricordiamo di essere visionari folli, ma anche viandanti umili. Ci ricordiamo di osare. Sempre. Ma anche che – nell’osare – è necessario lasciare segni rispettosi del proprio passaggio.
Lungo il sentiero 713 riscopriamo la gioia della condivisione.
Magari con persone mai incontrate prima che, improvvisamente e con naturalezza infinita, diventano preziosi compagni di avventura. Perché hanno patito la fatica come te. Hanno avuto paura come te. E, come te, non si sono arresi.
Si – insieme ai nostri bimbi – ci ricordiamo che non bisogna arrendersi. Bisogna continuare a salire, fino a raggiungere il tetto del mondo. E sentirsi tutt’uno con il mondo.
La montagna obbliga a passi mai fatti prima. E possiede un dono raro: fa sembrare nuovo quello che spesso si dà per scontato. Un mistero che si dispiega solo a chi non si arrende. A chi impara l’umiltà e la pazienza. Il rispetto ed il senso di meraviglia. Chi riesce a fare questo, sa che verrà ricompensato con infinite albe nuove, all’apparenza tutte uguali eppure sempre diverse.
D’altra parte, questa è la vera essenza della vita no?
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Rifugio Velo della Madonna: informazioni pratiche
Come arrivare
OPZIONE 1: SENTIERO 713 rifugio velo della madonna
Si procede su un lungo ghiaione fino a raggiungere la forcella Cadi Sora Ronz a circa 2.050 metri. La pendenza si fa sempre più ripida e qui i il percorso è fatto solo di sassi, massi e pietre: camminare risulta decisamente scivoloso.
Finalmente si arriva al tratto più temuto: il sentiero attrezzato con corde e scalini metallici su rocce di pietra lavica a strapiombo.
Qualche informazione pratica in più:
- è possibile prendere il sentiero 713 anche da San Martino di Castrozza, ma si allungano i tempi. Si parcheggia presso gli impianti di risalita Colverde. Da qui, proseguite per una decina di metri in salita, fino ad incontrare il sentiero 702 che va a destra in direzione Fiera di Primiero e che si sviluppa pianeggiante per un bel po’ fino ad incontrare una diramazione: uno dei due sentieri è il n 713, che prosegue nel bosco. L’altro è il 721 di cui ti parlerò fra poco.
- un’avvertenza: arrivare alla malga Civertaghe è già di per se un’avventura; si deve guidare lungo uno sterrato in salita abbastanza impegnativo. Ma se ce l’ho fatta io, ce la possono fare tutti. Non fatevi prendere dall’ansia quindi.
OPZIONE 2: SENTIERO 721 rifugio velo della madonna
Il rifugio Velo della Madonna Velo della Madonna
L’escursione al rifugio Velo della Madonna è un’uscita classica per chi vive o visita San Martino di Castrozza. Il rifugio, realizzato su un terrazzo roccioso alla base della Cima della Madonna (2752 m.) e si affaccia sulla Valle del Cismon, è raggiungibile solo a piedi e solo d’estate.
Deve il suo nome allo Spigolo del Velo, una delle più belle scalate classiche delle Dolomiti (per escursionisti esperti).
Info utili per programmare l’escursione della
- Difficoltà del percorso: l’escursione viene classificata come “difficoltà media” e richiede senza ombra di dubbio una certa predisposizione alla fatica. Insomma, il percorso è impegnativo, ma noi non siamo particolarmente allenati né facciamo trekking con regolarità. I miei sono due bambini normalissimi, per cui vi dico che se ce l’abbiamo fatta noi, ce la possono fare tutti. Vi sconsiglio però la salita e discesa in giornata, sarebbe troppo. Dormite in rifugio e godetevi la sensazione di essere… sul tetto del mondo!
- Quanto è pericoloso il percorso: non è privo di rischi ed è adatto a chi non teme l’altezza e i tratti aerei. Ho visto salire bambini molto più piccoli dei miei, per cui è sicuramente fattibile. Ma impone molta attenzione e qualche precauzione in più. A mio avviso, il tratto più pericoloso non è quello attrezzato che, invece, mette in sicurezza la salita. Ci sono invece alcuni tratti molto esposti, dove è fondamentale camminare lentamente e con attenzione.
- Lunghezza del percorso: se optate per il sentiero 713, parliamo di circa 6 km e mezzo ad andare e altrettanti a tornare, con un dislivello di quasi 1.000 metri; si parte dalla Malga Civertaghe a 1514 metri e si arriva al rifugio Velo della Madonna a 2365 metri. Non so invece la lunghezza del sentiero 721, ma è sicuramente maggiore del 713 anche se con un dislivello meno impegnativo.
- Durata: per quanto riguarda la durata, questo dipenderà ovviamente dal vostro passo. La maggior parte delle tabelle indicano 3 ore circa (parlo sempre del sentiero 713); i più esperti salgono anche in 50 minuti. Papà Fabio e il piccolo Alessio sono saliti in 3 ore e mezza; io e Leonardo in 4 ore – ma fermarsi continuamente a fare foto ti fa perdere un sacco di tempo. Tempo assolutamente ben speso però: i panorami sono da urlo.
- A che ora partire: dipende se volete fare l’escursione in giornata oppure se, come noi, decidete di dormire in rifugio. Essendo i quasi 7 km tutti in salita e non riuscendo a prevedere quanto ci impiegano i bimbi, è meglio partire con largo anticipo. Se avete programmato un’escursione in giornata, vi consiglio di partire non più tardi delle 8 per evitare la discesa con il buio che incombe. Se invece pensate di dormire in rifugio, va bene partire in tarda mattinata. Noi avevamo programmato di iniziare l’escursione verso le 10. In realtà, tra mille imprevisti, dimenticanze e contrattempi (altrimenti, che viaggio family è??), partiamo alle 13 circa. Si è rivelata la scelta migliore, perchè su al rifugio non c’è molto da fare e nemmeno tantissimo spazio per giocare. Per cui, dovendo dormire lì, sarebbe stato difficile intrattenere i bimbi fino all’ora di cena. Sia all’andata che al ritorno, potreste programmare di trascorrere un po’ di tempo alla Malga Civertaghe, molto carina per i bambini. Eventualmente, potete anche pranzare lì con prodotti di loro produzione.
- Informazioni sul rifugio: il rifugio è generalmente aperto dal 20 giugno al 20 settembre. Per pernottare, prenotate sempre – soprattutto durante i weekend – perchè potreste non trovare posto. Per farlo, potete chiamare il numero 0439 768731. È possibile pagare con carte di credito o bancomat, ma chiedete prima di partire perchè potrebbe non funzionare la connessione. Costi: Mezza Pensione Soci CAI: 39,00 € (Soci giovani 35,00 €); Mezza Pensione Non Soci: 53,00 €; Pernottamento Soci CAI: 13,00 € (Soci giovani 7,00 €); Pernottamento Non Soci: 22,00 €
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Cosa mettere nello zaino: la salita è impegnativa, per cui zaini leggeri, assolutamente! Non devono mancare: pile, giubbino antipioggia, un cambio completo almeno per i bimbi e almeno una maglietta di ricambio per gli adulti, snack (cioccolato e frutta secca sono l’ideale), acqua per tutti e possibilmente anche un berretto (di pile o di lana). Se dormite in rifugio, portate anche il sacco lenzuolo (ovvero lenzuola usa e getta – oppure chiedete alla proprietaria se ne ha da vendervene una volta lì), un paio di torce (la luce viene spenta dopo un certo orario) e ovviamente spazzolini, dentifricio e sapone (io ho preferito le salviette imbevute). Lasciate perdere pigiami, spazzole, trucco, ecc Per una notte in alta quota sono assolutamente inutili. Per ulteriore prudenza, abbiamo anche portato della corda e dei moschettoni, in modo da poter legare i bambini lungo i tratti più esposti. Se non ne avete, potete acquistarli presso il negozio Sport Tisot, a San Martino di Castrozza.:::::***
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Non posso che finire questo post con un ringraziamento speciale a Daniela, Andrea, Agnese, Irene e Matilde per essersi imbarcati con noi in questa avventura. Grazie per la compagnia, la determinazione, le chiacchiere, le risate e… le torce elettriche! Senza di voi, non ce l’avremmo fatta! <3
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Ale
22/09/2015 at 09:47
Questo lo segno e lo tengo da fare per il dopo pancia!!!! E pensare che noi quel versante là, lo abbiamo così vicino e non ci siamo mai andati!!!
Valentina Cappio
24/09/2015 at 05:25
ti ci vedo troppo infatti lassù!!! un abbraccio cara e grazie per essere passata di qua