Guédelon, un castello medievale in costruzione in Borgogna

Il castello di Guédelon

Mentre eravamo lì, immersi in quel paesaggio ocra senza tempo, ho chiuso gli occhi.
Mi sono concentrata solo sui suoni. E ho sorriso, capendo fino in fondo l’unicità di quel luogo.

Mi capita spesso, davanti a un luogo speciale, di lasciarmi affascinare da quanto vedo, o di annusare a fondo l’aria, i profumi e gli odori. Questa volta mi sono lasciata emozionare dai suoni.

Nessuna automobile, nessun motore, nessun rumore delle nostre città moderne.
Solo le voci, tante, come uno sciame di parole che si confondono. Le grida degli uomini che si lanciano ordini e scambiano istruzioni. E soprattutto i colpi, ritmici, regolari dei martelli e degli scalpelli, della legna che si spacca, della pietra che viene cesellata, dei massi che si squadrano lentamente, perfettamente, su misura, pronti a diventare parte di un muro eterno.

Mi sono sbagliata, non è un paesaggio senza tempo; un’età ce l’ha perfettamente. Siamo nel XIII secolo.

Questo luogo spettacolare e praticamente a noi sconosciuto fino a quando abbiamo programmato il nostro on the road in Borgogna si chiama Guédelon: qui stanno costruendo un vero e proprio castello medievale, esattamente come facevano nel 1200, usando le stesse tecniche di costruzione, gli stessi materiali, le stesse conoscenze.

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Intagliatori di pietra

La follia di ricostruire il XIII secolo

Un progetto ciclopico partito nel 1997 da un’idea visionaria di Michel Guyot, proprietario del castello cinquecentesco di Saint-Fargeau, poco distante da qui. Durante le ristrutturazioni del suo chateau, trovò nelle fondamenta i resti del precedente edificio di epoca filippina e pensò, quasi follemente “Sarebbe interessante poter costruire un castello come quello che qui non c’è più, come facevano allora”.

Molti probabilmente lo presero per pazzo, ma alla fine trovò un’esperta che gli diede corda. “Non è impossibile – disse Maryline Martine – attraverso gli antichi documenti potremmo provarci, e potrebbe diventare anche un interessante caso di studio”.

Individuarono un luogo adatto, in una zona disabitata in un bosco, che aveva vicino tutto ciò che era necessario alla costruzione: la pietra, la legna, la terra adatta, l’argilla e ovviamente l’acqua.
La prima pietra fu posata nel 1997, e l’anno successivo il cantiere fu aperto al pubblico.
Il primo anno ebbero 25 mila visitatori. Oggi sono 300mila le persone che ogni stagione, da tutto il mondo, arrivano per visitare questo speciale cantiere.

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Il progetto prevede di costruire un castello in stile filippino, cioè secondo lo stile in uso nel XIII secolo sotto il regno del re Filippo Augusto, con sei torri di cui due ai fianchi del ponte levatoio.
Al momento sono stati eretti i due torrioni che stanno ai lati della costruzione principale – rispettivamente la Torre della Cappella e la Grande Torre, all’interno della quale si trova la camera del Signore – e il palazzo stesso, oltre a pezzi delle mura.

I lavori sono lunghi, prevedono di terminare nel 2021.

palazzo

Settanta persone e una grande passione

A raccontarci tutto questo è Hein, il nostro cicerone: un olandese che, oltre alla sua lingua madre parla tedesco, inglese e francese, e per questo il suo ruolo all’interno del cantiere è anche quello di guida.

Hein guida un gruppo di visitatori

Hein guida un gruppo di visitatori

Lui viene dal mondo dell’edilizia, così il suo lavoro qui alterna la parte di comunicazione e promozione (nei mesi invernali, in cui il cantiere è chiuso, gira per fiere per promuovere la conoscenza del progetto) a quello di costruttore.
Chi lavora qui, come lui, viene un po’ da tutto il mondo, ci sono persino australiani e, ovviamente, anche degli italiani.

Tito sembra proprio un muratore, nel cantiere in cima alla torre su cui siamo saliti per conoscerlo e scambiare due parole in italiano, eppure è un restauratore sardo che da alcuni anni ha trovato qui il suo modo di far vivere l’arte e la storia.

Tito al lavoro nel cantiere in cima alla torre

Tito al lavoro nel cantiere in cima alla torre

Come lui sono in tanti: molti storici dell’arte, restauratori, artisti, artigiani, carpentieri, falegnami, spaccapietre. Nel cantiere lavorano una quarantina di persone, quasi altrettante sono impiegate tra biglietteria, shop, alla taverna, come guide o in altri incarichi prettamente “turistici”.

Il più grande esperimento archeologico

Nel 1200, se il Signore che commissionava il castello era sufficientemente ricco, poteva permettersi anche 200 persone al lavoro nel cantiere, e così un castello simile veniva costruito in media in un paio d’anni. Qui si va più lenti, oltre che per il ridotto numero di lavoratori, anche perché – unica concessione alla modernità – applicano misure di sicurezza odierne, che rallentano alcune attività ma decisamente risparmiano vite umane.

Ma soprattutto perché al lavoro di costruzione bisogna affiancare quello di ricerca: per ogni passaggio bisogna capire come si faceva realmente nel 1200. Questo vuol dire ricerche su documenti dell’epoca, e non solo cartacei.

ruota

Abbiamo imparato che una miniera preziosa di informazioni sul lavoro degli artigiani viene da quella che può essere considerata una sorta di cartellonistica pubblicitaria ante litteram: le vetrate delle chiese. Quella bellissima di Chartres, ad esempio, famosa per il blu dei suoi vetri, ha raffigurate anche scene di lavoro: le corporazioni di artigiani concedevano sconti ai committenti in cambio della possibilità di potersi pubblicizzare con una vetrata che li raffigurava al lavoro, cosa che permetteva visibilità e l’opportunità di essere chiamati a lavorare in altri cantieri.

Altre scoperte le hanno fatte sul campo. Al momento di inserire la prima chiave di volta, la pietra centrale di una cupola che tiene ferme e fissate tutte le altre già posizionate, la pratica si scontrò con quello che si era sempre creduto: la chiave di volta non andava messa per ultima. Dovettero smontare tutto, costruire un’impalcatura in legno e definire per prima la “chiave”, per poi smontare la struttura provvisoria e procedere con quella definitiva in pietra.

Credit: Guédelon/Clement Guerard

Foto: Guédelon/Clement Guérard

Anche il criterio economico è fondamentale. Il mandante del progetto ha definito un budget e, proprio come nel XIII secolo, i soldi vanno ponderati perché, una volta finiti, il committente non ne ha altri da sborsare.
E così hanno dovuto riconsiderare l’idea di mettere finestre di vetro anche alla Sala Grande: il vetro costa troppo. La priorità – come allora – è andata alla Cappella: l’unico luogo del castello che avrà delle vetrate. Tutte le altre finestre verranno chiuse, come si usava secoli fa, con fogli di carta o pelli di animali, materiali più economici.

 

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Le finestre del palazzo senza vetri

E i chiodi? Niente ferro, costa troppo. Non ce n’è uno solo in ferro in tutto il castello. Tutti i chiodi (persino quelli delle strutture adiacenti, dal mulino alla taverna, ai tavoloni messi a disposizione per i pic nic), sono realizzati a mano e in legno.

È anche per questi motivi che quello di Guédelon viene definito “il più grande esperimento archeologico al mondo”, che si è conquistato collaborazioni con le università e gli istituti di ricerca, che da qualche anno è citato nei libri di scuola francesi, e che vede 60mila studenti visitare ogni anno il cantiere.

Che scoprono sul campo anche quali strumenti venivano utilizzati: al posto della moderna gru, una grande ruota, simile a quella dei criceti nelle gabbie ma azionata da un uomo, che permette di sollevare i massi all’altezza giusta.
Al posto della calcolatrice, una corda con dei nodi a intervalli regolari, che serve per facilitare qualunque tipo di calcolo.
Così semplice, ma così efficace che viene utilizzata ancora oggi nei cantieri.

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Non per bambini, non per adulti: un luogo davvero per tutti

La meraviglia di questo posto – secondo noi – è che, a differenza di molti luoghi che abbiamo visitato o di cui parliamo non è un posto prevalentemente per bambini che va bene anche per gli adulti, oppure un luogo a misura di adulti ma che può interessare anche i bambini.

È un luogo veramente per tutti: ognuno troverà tantissime cose interessanti alla propria misura, che abbia 6 anni o ne abbia 50.

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Castello di Guédelon: informazioni pratiche

Apertura e orari

Il sito è aperto indicativamente da marzo a novembre. È chiuso nei mesi invernali perché a causa delle temperature più basse è impossibile procedere nella costruzione.

Gli orari e le date si trovano sul sito ufficiale, qui.

Tariffe 2016

Adulti: 14 € (12 € alla biglietteria online)

Bambini (5-17 anni): 11 € (10 € alla biglietteria online)

Bimbi sotto i 5 anni: gratuito

Qui eventuali aggiornamenti

Laboratori per bambini

In alcuni giorni e orari sono organizzati dei laboratori per i bambini (Sul sito ufficiale le date)

  • Il tagliapietre. Armati di scalpello, i bambini possono preparare la loro pietra da posare nel castello. A partire dai 6 anni
  • La costruzione delle piastrelle. Laboratorio con l’argilla per realizzare le piastrelle del pavimento. Indicativamente dai 5 ai 7 anni.

Il costo è di 6 euro ciascuno. La prenotazione è consigliata. Durata: un’ora.

Un’ultima nota. Ci hanno detto che esiste solo un altro progetto nel mondo che richiama questo: si tratta della costruzione di un’abbazia in Germania.
Qualcuno di voi la conosce, ci è stato, ci racconta qualcosa di più?

 

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5 Responses to Guédelon, un castello medievale in costruzione in Borgogna

  1. sabrina Rispondi

    04/10/2016 at 09:28

    Ma è stupendo! Credo sia una cosa che ai più piccoli potrebbe piacere molto 🙂 . Non conoscevo affatto l’esistenza di questo posto. Grazie Mille!

  2. Pingback: Visita al castello di Edimburgo con i bambini in inverno - La paura non fa 90

  3. Carlo Alberto Costa Rispondi

    09/04/2018 at 16:40

    eviterei quelle persone che vanno in un luogo solo per una foto e far sorridere o stupire gli amici. E’ un luogo rituale in cui uomini hanno deciso di ritrovare la propria spiritualità ( non necessariamente religiosa o mistica), lavorando e costruendo giorno per giorno qualcosa che resterà come esempio. Forse il lavoro, la costruzione non terminerà mai, ma saranno cambiati ed avranno percorso un pezzo di strada. Anche (S.) Agostino diceva:…” non è importante arrivare: l’importante è partire e percorrere la propria strada…”

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